L’ubicazione del Fanum presso Orvieto è suggerita da testimonianze letterarie ed epigrafiche: fra le prime, di rilievo sono i versi di un’elegia del poeta Properzio (4, 2, 3-4) ove è lo stesso Vertumnus a dichiarare la sua origine etrusca e ad affermare di non essersi pentito di aver abbandonato i focolari di Volsinii (Tuscus ego et Tuscis prior nec poenitet inter proelia volsinios deseruisse focos). Esplicita è l’allusione al rito dell’evocatio (mediante il quale i Romani chiesero alla divinità di passare dalla loro parte trasferendosi a Roma) messo in atto quando il console Fulvio Flacco conquistò Orvieto nel 264 a.C., celebrando il trionfo de Vulsiniensibus (CIL I2,46). Al dio venne pertanto eretto sull’Aventino un tempio nel quale il console era raffigurato nella veste del vincitore, come sappiamo da Festo (s.v. picta toga). Flacco, a seguito della vittoria, pose dinanzi ai templi di Fortuna e Mater Matuta nel Foro Boario di Roma un donario sul quale venne scritta la motivazione: Volsinio capto (per la presa di Volsinii). Il donario sorreggeva alcune delle statue di bronzo depredate nella città che, secondo un’informazione di Metrodoro di Scepsi confluita in Plinio (n.h. 34, 16, 34), ammontavano a duemila, cifra forse esagerata, ma che sugsuggerisce l’entità di un bottino frutto della depredazione anche di un grande santuario.
Fra le fonti epigrafiche riveste importanza il Rescritto di Spello (CIL XI, 5265, documento in pdf) la delibera con la quale l’imperatore Costantino concedeva agli abitanti della città di poter celebrare le annuali cerimonie religiose ed i ludi ad esse connessi (ludos schenicos et gladiatorum munus) proprio a Spello, senza doversi più recare presso Volsinii (aput Volsinios) secondo quanto esigeva un’antichissima consuetudine (consuetudo prisca): l’analogia con quanto sappiamo da Livio accadere al Fanum Voltumnae è tale da convincere che la Volsinii nominata nel Rescritto sia Orvieto e non Bolsena.